Artista in-formato

Venezia viva

Altissima è stata la risposta che gli artisti hanno dato a questa nuova rassegna dell’artista in-formato. Sempre nuove adesioni raggiungono la galleria da altre regioni e nazioni: dalla Sardegna alla Russia, che quest’anno si aggiungono a Cile, Argentina, Usa, Giappone, Germania, Francia, Spagna, Svizzera ecc… ed è entusiasmante vedere arrivare questi fogli da tutte le parti del mondo.
Certo, l’idea di proporre una mostra su un unico formato di carta, lasciando aperta la possibilità alle varie tecniche ha permesso agli artisti di aderire – anche se non coltivano l’incisione – con una libertà di espressione in più.
Stabilire il formato da proporre per questa nuova rassegna 2003 non è stato facile, non si vuole ripetere i formati precedenti altrimenti cade lo stimolo a creare nuove opere, bisogna tener conto dello spazio, soprattutto estetico, e quindi dopo varie discussioni si è deciso (consulente straordinariamente partecipe Mirando D’Amico) per il formato 18x35.
La risposta è stata intensa come adesione dicevamo, ma soprattutto il livello delle opere è notevole, di mostra che gli artisti sanno ancora disegnare e dipingere, che sono spiritosi e pronti a rispondere alle provocazioni, a giocare insieme, che sanno incontrarsi e confrontarsi, perché ogni inaugurazione dell’in-formato è poi una festa, un modo per conoscersi e farsi conoscere esponendo in una città come Venezia che è pur sempre una magnifica vetrina.

 

Piccolo formato 5

Maria Spissu Nilson
Ne hai fatta di strada, baby *

Quinto capitolo del "Piccolo formato", la rassegna dedicata all’arte su di un supporto minimo, un 10 x 10 centimetri, che sta sfidando numerosi artisti sardi. Nei locali della G28 di via Ada Negri a Cagliari si rinnova ad inizio di stagione artistica un appuntamento che suscita attese e che viene attentamente curato da Gianni Atzeni e Italo Medda, artisti e sperimentatori di idee che operano su diversi fronti come le recenti iniziative allo spazio Zoom di via Manno, con mostre ed iniziative di buon livello. Si propone in questo appuntamento una rassegna tutta al femminile per comunione d’intenti con quel trend che riconosce ormai appieno, vedasi l’esperienza ultima di Venezia, uno sguardo ed una sensibilità tutta particolare alle donne che per lunghissimo tempo hanno invece sofferto e sono state penalizzate a causa del loro voler essere anche artiste.
Presenti in questa quinta edizione sono Annalisa Achenza, Maria Caboni, Adelaide Lussu, CarlaOrrù e Lidia Pacchiarotti, Marilena Pitturru, Gemma Tardini. Nomi noti, con esperienze diversificate e percorsi interessanti che nel piccolo formato esploreranno liberamente universi e linguaggi nuovi o proseguiranno indagini legate alle emozioni, al proprio vissuto.. e ad altro, nella libertà totale, quella appunto di creare.
Certo la strada per arrivare a questa libertà, a questo riconoscimento di una vocazione pari, se non superiore, a quella di un uomo, è stata lunga e sofferta. Poche di loro sono nella memoria collettiva, molte invece quelle poco conosciute o del tutto ignote anche se di straordinaria bravura. Quante ne ricordiamo? Il primo nome che viene in mente è quello di Artemisia Gentileschi (1598 - 1652), più ricordata per il molto gossip che si fece attorno al suo nome per motivi tutt’altro che artistici, ma di bravura eccelsa tanto da essere stata la prima donna ammessa all’Accademia d’Arte di Firenze, cosa a quei tempi ed in quei luoghi del tutto straordinaria, e che divenne pittrice alla corte di Carlo I a Londra, costruendosi una vita da single invidiabile anche ai nostri giorni. Quanti ricordano che Marietta Tintoretto (1554-1600), nome che non abbisogna di presentazioni, era stata chiamata come pittrice alla corte di Spagna e d’Austria ma il celebre padre glielo impedì costringendola a sposarsi? Quanti conoscono Fede Galizia (1578-1630) che a dodici anni era pienamente autonoma dal padre pittore Nunzio, suo maestro, e a sedici anni era acclamata e richiesta ritrattista? E Lavinia Fontana (1552-1614) che si divideva, chissà con che strazio, tra la cura di undici figli, solo tre superstiti, e l’arte pittorica nella quale eccelleva? Nelle loro storie straordinarie si legge quanta fatica in più ci vuole ad una donna per essere anche artista e quanta bravura in più per essere apprezzate.
Con un salto temporale citiamone alcune più vicine a noi, Frida Kahlo, Georgia O’ Keffee, Tamara De Lempicka, Laurie Anderson o una "recente scoperta" come Louise Burgeoise, classe 1911, vivente, arrivata alla fama a settanta anni, scultrice straordinaria che saggiamente racconta: "…non avere successo è stranamente stimolante se credi in te stessa … il successo non è importante…"
Donne con vite incredibili, difficili ed intense, che per l’Arte non hanno mai ceduto, l’Arte come ragione prima di vita, un dialogo interiore che le ha rese prima di tutto donne libere. Buon cammino allora a tutte le artiste.

* Il titolo è stato tradotto da uno slogan pubblicitario di una famosa azienda americana di tabacchi che individua nel fumo il punto di arrivo della libertà femminile



Sardegna Arte Fiera


La manifestazione ha coinvolto centinaia di artisti, chiamati ad interagire con gli spazi all’aperto o al chiuso, dello storico stabilimento – sono state allestite più di 50 “cabine d’artista” -, mostrando i confini ormai permeabili tra arti plastiche e figurative, installazioni, performance, videoproiezioni, musica, teatro, e testi poetici.
Sono stati invitati critici e curatori, galleristi e giornalisti, editori, visitatori curiosi e appassionati, indigeni e turisti itineranti.
La manifestazione è stata patrocinata e sostenuta anche da alcune istituzioni pubbliche e private.

 

Annamaria Janin
Feed-back

I tempi sono difficili, il futuro incerto: è quindi comprensibile che ci sia una gran voglia di positività e si sposino imprese improbabili come questa Arte-fiera tardobalneare ospitata al Lido di Cagliari
Il Lido: memoria storica della Cagliari estiva e candido testimone di antiche offese e scempi recenti, col declinare della stagione chiude ai bagnanti ed apre ad avventurosi adepti d’arte che officiando riti irritali si apprestano ad invaderlo di suoni e colori inusitati. Sarà un fiorire fantasioso, imprevisto e reattivo, in una sorta di consonanza ideale con l’inattesa ondata di occhi-di-santa-lucia e altre conchiglie ricomparsa più nutrita che mai dopo lo sciagurato rinascimento del Poetto: quasi una volontà di affermare l’inesausta vitalità della natura e dell’arte.
La straordinaria bellezza dell’arenile su cui si affacciano le bianche cabine dello stabilimento costituisce una sorta di habitat creativamente stimolante, che entra in risonanza con l’emozione e la tensione mentale degli artisti sollecitandone l’adesione concettuale che si frantuma in una pluralità di opzioni linguistiche.
In questo contenitore-culla privilegiato, con la sua struggente bellezza, inevitabile il confronto con i fondamenti del nostro essere qui ed ora: la pattuglia di artisti che vi si cimenta spazia dunque – nella massima libertà – fra temi che dall’ambiente, come da un alveo materno, confluiscono nella riflessione sulla memoria (Maria Caboni & Marta Fontana, Josephine Sassu), sull’origine della vita (Antonello Dessì) e sulla sua estinzione per la violenza cieca della guerra (Marilena Pitturru). In una varietà di moduli linguistici che dà al fruitore la possibilità di attingere orizzonti illimitati.

 

Maria Caboni
Lidi Lontani

Pensando alle cabine del Lido, che avrebbero ospitato dei miei lavori, quasi subito ho scartato l’idea di adattarvi, in modo forzato, il mio operare con tecniche o fare artistici non miei.
Piuttosto lo sforzo creativo si è concentrato su ciò che l’ambiente poteva evocare, nel mio presente e nel mio vissuto.
Ho tante volte passeggiato lungo la battigia, anche in inverno, osservando i brillii sul mare e la splendida Sella del Diavolo e l’acqua bassa e cristallina, che lambiva i miei passi.
Così un giorno ho fatto delle fotografie e ho cercato di riprodurre l’effetto dell’acqua che sfiorava la riva, con gli acquerelli.
E’ nata, però, “Lidi lontani”, prima l’opera e poi il titolo. Un tempo sospeso, metafisico, quasi surreale, tra luoghi e lidi distanti, indefinitamente, o geograficamente, come Cagliari e Venezia, che ha ospitato la mia “Mostra numero tre”: e allora la nostalgia, la memoria, i ricordi, lontani ma coesistenti.
“Il Poetto” diviso fortemente tra un prima e un poi, la luce onnipresente. E forse anche la sua bellezza.
E la “sabbia”, bianchissima e abbagliante, in passato, che ci accoglieva da bambini, quando, dopo il bagno, dicevamo: “andiamo nella sabbia calda”, … ed era morbidissima, sottile, fine.
E le mie stesure e le mie piccole pennellate sono forse il mare, gocce d’acqua, o granelli di sabbia finissima e chiara, o grigia e ruvida, e restano a memoria di tempi passati, come i segni incisi sul rosso, di chi con me ricorda con passione e custodisce sensazioni ormai indelebili.

 

In principio

Annamaria Janin
In principio

"Non bisogna appoggiarsi troppo ai principi perché poi si piegano". Seguendo il consiglio di Leo Longanesi non mi soffermo sulle diverse aperture suggerite dalla duplicità semantica del titolo, se non per sottolineare la volontà propositiva che è all’origine di questa manifestazione. Quella cioè di offrire, con cinque mostre allestite in contemporanea, tutte raggiungibili a piedi, un percorso intrigante e una pausa culturale distensiva nella quotidianità ansiogena e caotica che rende sempre più faticosa e stressante la vita cittadina.
Una sorta di fuoco di artificio festoso a collegare il lavoro eseguito per l’occasione da cinque coppie di artisti – giovani, meno giovani e anziani – che si sono misurati in una dimensione inconsueta di stretta collaborazione, quasi un corpo a corpo creativo stimolante e fruttuoso.
Come il dialogo a distanza, però serrato e incalzante, fra Nilla Idili e Monica Lugas che attraverso operazioni completamente diverse – video, strutture in resina e in piombo – si sono confrontate sui concetti di leggerezza e pesantezza, staticità e dinamismo, trasparenza e caducità. Oppure all’opposto, la vera e propria integrazione operativa attuata nella "pittura a quattro mani"di ascendenza surrealista proposta dagli acrilici di Zaza Calzia e Nino Dore. O la ricerca di suggestioni e rimandi, consonanze e compenetrazioni esprimibili concretamente con una serie di opere eseguite in comune pur nella diversità dei rispettivi linguaggi e materiali (acquarelli e terre di Maria Caboni e Marta Fontana. O ancora nel mantenimento di una stessa costante cromatica nell’alternanza segnico-iconico-tecnica del fregio su strisce di compensato di Carla Orrù e Lidia Pacchiarotti in coppia con Pia Valentinis. O infine la dialettica e l’interazione concettual-costruttiva fra i licuccos e l’aerea struttura portante del giardino/memoriale germinativo di Caterina Lai e Raffaello Ugo. Tutto è avvenuto con spirito ludico ma anche con molta buona volontà da parte sia degli artisti che di coloro che hanno offerto gratuitamente gli spazi espositivi e di quanti hanno in un modo o nell’altro collaborato affinché questa iniziativa andasse in porto.


 
Maria Caboni e Marta Fontana
Incontro

L’idea che ci ha guidato in questo percorso è nata proprio dallo spunto offertoci di lavorare insieme.
In principio, in comune tra noi, solo una certa empatia e il rigore nell’approccio al lavoro.
La diversità più evidente tra noi: la materia colore - acquerello e terra.
Da subito, il tema su cui riflettere è stato quello dell’incontro. Incontro tra due entità distinte, due individualità specifiche, tra due o più cellule, tra etnie, tra gruppi. Condivisioni, lacerazioni, fusioni, invasioni, migrazioni, paure, gioie, contrasti, armonie...: infiniti frammenti, cause, conseguenze o evoluzioni di incontri. Infiniti stimoli e rivelazioni per noi che cercavamo l’incontro.
Abbiamo cominciato a sperimentare con grande curiosità ed è subito emersa la difficoltà di trovare un codice comune. Gli avvicinamenti, le scelte, i cambi di direzione e gli adattamenti sono avvenuti in modo pacifico, con grande volontà di ascolto e comprensione reciproca, di dialogo.
Così ciascuna ha trovato un modo per rapportarsi all’altra, per integrarsi, mischiarsi, convivere in armonia, nonostante le differenti e specifiche identità.
Concretamente il nostro incontro è stato fatto di scambi di fogli dove i segni e la materia dell’una si aprivano alla presenza dei segni e della materia dell’altra, un agire non semplice che ha richiesto tanta fiducia reciproca e la volontà di accostarsi con sensibilità, accogliendo nel proprio qualcosa di altrui. In qualche caso il foglio è stato scambiato più volte come in una catena di domande e risposte, come nel rincorrersi delle frasi di un dialogo.
Bello ciò che abbiamo letto: “Si dice che quando due persone si incontrano, in pochi istanti si stabilisce se ci si può fidare l’uno dell’altro. Sappiamo quanto è distruttivo quando non c’è fiducia. Se c’è un poco di fiducia, ci può essere uno scambio. Se questa fiducia si sviluppa nel tempo, lo scambio può portare alle migliori di tutte le possibilità – creatività e conoscenza.”*

* Scritto, nel 2001, da Yo-Yo Ma, nel libretto del CD musicale: “Silk Road Yourneys” , sottotitolo “When strangers meet”, citato da Michele Emmer, nel libro “In viaggio con Marco Polo”, edito dal Centro Internazionale della grafica, Venezia.

Mostre collettive