Maria Caboni, artista di sicuro avvenire, non è stata mia allieva. Ma non è per questo che quando mi ha detto che le avrebbe fatto piacere avere una mia testimonianza sul suo lavoro, ho risposto che la cosa più seria e credibile che possa fare un artista, dopo le opere realizzate, è quella di scrivere sul proprio lavoro e magari sul rapporto in cui tale lavoro si pone per lui, per lei, nel mondo (reale e culturale) circostante.
C’è da dire che diverse volte che ci incontrammo, oltre che del suo lavoro finimmo per parlare di Joyce Lussu o di Venezia e di quella biennale che, pur abbastanza sgangherata, offre molti stimoli a chi se la vada a vedere sfuggendo ai filtri ed alle trappole dei media e non si faccia condizionare da certe orribili esperienze con ristoranti e trattorie. Comunque nel 2007 c’è Documenta a Kassel e se Maria andrà a vedersela, potremo ancora parlare del sistema dell’arte, delle sue chiusure e delle sue aperture; e delle eventuali porte che improvvisamente si possono spalancare a chi, attenta sulla soglia di un misterioso spazio-tempo, abbia la prontezza di catapultarsi al di là, come si vede fare oggi in tanti films di fantascienza.
Ma torniamo al problema di partenza, a un impegno con la scrittura che gli artisti giovani non devono sottovalutare. Sono loro che devono scrivere, lasciare testimonianza, anche perché spesso la carica creativa ed il coraggio della giovinezza piano piano si possono diluire e perdere con il passare degli anni. Peraltro questi giovani artisti devono anche mettersi nei panni di chi legge, del visitatore di una mostra che si trova in catalogo la presentazione scritta da questo o quel personaggio: la diffidenza è il riflesso più frequente, oggi come oggi la figura del padrino non è così ben accetta e d’altronde moltissimi sono ben consapevoli dei rituali diffusi nel gioco delle esposizioni, piccole e grandi. Ci sono poi gli addetti ai lavori, quelli veri, saranno pochi ma ci sono, un po’ dovunque: a questi non sfuggono le note false e la vacua ripetizione di minuetti di presentazione nei cataloghi delle mostre, a questa gente non si possono celare i movimenti ed i non movimenti nascondendosi dietro un dito. Resto convinto che in genere al visitatore serio interessa molto di più trovare in catalogo la testimonianza diretta dell’artista; anche perché queste testimonianze fanno storia e sono gli elementi che aiutano a capire e definire aspetti significativi del suo lavoro con un marchio di autenticità.
Dunque Maria, scrivi, scrivi e riscrivi, qualcosa resterà. Ma non devi metterti a spiegare in modo schematico o didascalico quello che dipingi: le spiegazioni possono essere implicite anche nei discorsi apparentemente più lontani dal tema centrale. Lo scritto in tanti modi può diventare parte integrante della tua espressione pittorica, ma se la cerchi di proposito, questa integrazione non avverrà e la spirale creativa non si svolgerà e non svilupperà le sue potenzialità
Ho appena visto due tuoi pezzi di notevole intensità, nella cabina a cura di Annamaria Janin allestita con Marta Fontana al Lido di Cagliari nell’ambito di questa incredibile Sardegna Arte Fiera organizzata da Mauro Cossu. Beh, auguri!
Gaetano Brundu
Cagliari, ottobre 2005